È il quarto giorno di proteste in Romania. Senza pressoché soluzione di continuità, duemila romeni stanno protestando maniera forte e veemente contro il presidente della Repubblica Traian Basescu e contro il capo del governo Emil Boc. Uomini, donne, vecchi, giovani e studenti sono in piazza esasperati dalla gravissima situazione economica in cui versa, ormai da diversi mesi, il Paese carpatico-danubiano. Nella sera di domenica 15 gennaio, sino ad ora il giorno più incandescente, vi sono stati scontri tra polizia e manifestanti, che hanno lasciato sul terreno decine feriti, taluni anche gravi. Molti anche gli arresti. Ferito anche un giornalista di Antena 3, televisione non certo vicina all’attuale presidenza. Le violenze da parte di alcuni manifestanti (lancio di pietre e bombe incendiarie sulle forze dell’ordine) sono minoritarie, diremmo numericamente risibili rispetto a una massa per la più parte pacifica. Intanto il ministro dell’Interno Traian Igas nella serata del 15 gennaio ha convocato la cellula di emergenza. Naturalmente moltissimi commentatori, anche di un certo prestigio, hanno parlato di «metodi comunisti» da parte dell’attuale governo nel trattare i manifestanti e hanno evocato le repressioni di Ceausescu. Le ultime notizie pervenute parlano anche di un ordigno esploso in una non meglio precisata zona del nord della Romania, che però non pare esser direttamente collegato alla manifestazioni di piazza.
Da parte sua Traian Basescu non è ancora intervenuto in nessun modo, mentre il capo del governo Emil Boc ha fatto visita in ospedale ai poliziotti feriti. Un chiaro segnale di solidarietà e della volontà di non andarsene.
La miccia è stata accesa negli scorsi giorni, dopo che il presidente Basescu ha deciso di togliere l’incarico di sottosegretario alla sanità a Raed Arafat in seguito a dure polemiche tra i due.
Arafat è un medico di origine siriana (è nato a Damasco nel 1964), che, dopo un’infanzia e una giovinezza trascorse a Nablus in Palestina, è emigrato all’età di sedici anni in Romania per studiarvi medicina, specializzandosi in medicina d’urgenza come anestesista. Molti erano e sono infatti gli arabi che nel corso degli anni sono arrivati in Romania per studiare medicina, sia per via dei rapporti cordiali tra il regime nazionalcomunista di Bucarest e il mondo arabo, palestinese in particolare, sia perché la Romania era l’unico Paese in cui le università offrissero e offrano un sistema didattico somministrato sia in inglese sia in francese, lingue assai diffuse e conosciute nel mondo arabo.
Nel settembre 1990 Arafat fondò lo Smurd, ossia Serviciul Mobil de Urgenta Reanimare si Descarcerare, un innovativo sistema di medicina d’urgenza che in questi decenni ha salvato molte vite. Per i suoi meriti sul campo, il 23 agosto 2007 l’allora capo del governo romeno, Calin Popescu Tariceanu, lo aveva nominato, come detto poc’anzi, sottosegretario alla Sanità.
Lo scontro tra Basescu e Arafat nasce da una proposta di legge del governo che prevedeva la privatizzazione massiccia del sistema sanitario nazionale, una proposta che ha visto la netta opposizione di Arafat e della popolazione romena, già in condizioni economiche critiche, le quali, nel caso in cui quella proposta fosse andata o vada in porto, si aggraverebbero ancor di più. Oggi in Romania uno dei problemi più gravi – e che lo scrivente potrebbe testimoniare direttamente – è l’alto livello di corruzione presente nelle strutture sanitarie: in moltissimi casi, anche disperati, è difficile esser curati se non si provvede al pagamento di qualche infermiere o del medico di turno. Va ancora evidenziato che a metter mano alla stesura di questa legge è stato l’«American Chamber of Commerce in Romania» (AmCham Romania: proprio questa la denominazione completa). Come leggiamo nel sito ufficiale, l’AmCham Romania è «un’organizzazione no profit e apolitica che promuove interessi commerciali ed economici in Romania», vale a dire è una delle agenzie colonialiste americane nel Paese carpatico. L’AmCham Romania, leggiamo ancora nel profilo ufficiale, è stata «fondata nel 1993 da investitori presenti in Romania» ed è una delle «105 AmCham dei 91 Paesi affiliati alla Camera di Commercio statunitense, con sede a Washington, e membro del Consiglio europeo delle Camere di Commercio americane».
Che la Romania, dal 1989, sia diventata una delle colonie americane in Europa dell’Est è dato che solo i più ciechi non riescono a vedere. Le ricchezze romene sono un boccone ghiotto per lo sciacallo a stelle e strisce, il quale non se lo vuol far di certo scappare. Inoltre il Paese carpatico-danubiano è collocato in una posizione geopolitica cruciale e strategica per gli interessi americani in questa parte di mondo. A quanto ci dicono le nostre fonti, da anni è iniziato un esproprio di materie prime e pregiate, tra cui grano (la Romania è il granaio d’Europa da secoli), petrolio e un altro materiale il cui uso è ben noto: l’uranio. Accanto all’impossessamento c’è la distruzione: molti campi coltivati sono stati abbandonati e i pozzi petroliferi – che avrebbero assicurato alla Romania un’autonomia, almeno parziale, dalle multinazionali sostenitrici dei “bombardamenti umanitari” – sono stati lasciati al loro destino, quindi inutilizzati. Inoltre gli americani hanno iniziato la costruzione di un’autostrada che taglierà in due la Transilvania e che collegherà Pristina (capitale del Kosovo…) e Sofia, città in cui sono presenti basi militari americane. Combinazione: l’autostrada attraverserà zone fitte di miniere d’oro e del suddetto uranio.
Su NeamInvest, sito d’informazione finanziaria con sede a Piatra Neamt (Moldavia settentrionale), leggiamo le rivendicazioni di tal Sergiu Gabureac, persona presente tra i dimostranti di Bucarest. Gabureac parla di Basescu come di «un uomo malato di potere» (un om bolnav de putere), circondato da «ministri incolti e incapaci» (inculti si neprofesionisti). A causa di questa e di molte altre cose, la Romania è diventata una delle «pecore nere dell’Unione Europea» (am ajuns una dintre oile negre ale Uniunii Europene). Gabureac, dopo le critiche, passa alle rivendicazioni: stabiliamo anzitutto che cosa desideriamo tutti (mai intai stabilim ce dorim cu totii: notare per inciso il plurale. Gabureac parla a nome di tutti i manifestanti, di tutti i romeni, di tutti chi?). Insieme alle dimissioni di Basescu e Boc e alle elezioni anticipate per marzo o aprile 2012, Gabureac chiede un governo di tecnocrati (guvern de tehnocrati).
Dunque la nota faccenda si ripete. Il discredito di una classe politica certo non illuminata ma non per questo perversa, l’ingerenza massiva e subdola degli Stati Uniti, gli improvvisi eccessi di violenza dei manifestanti che gettano discredito sulla maggioranza silenziosa e pacifica di dimostranti e tutta una serie di altri elementi sono l’indice del fatto che su questo genere di manifestazioni grava il dubbio che non siano del tutto spontanee, anche se – va ripetuto – la situazione economica della Romania è davvero grave e le manifestazioni possano apparire del tutto giustificate. Da domandarsi infine, e prima che ci pervengano altre informazioni, se duemila persone in piazza siano un numero rappresentativo e sufficiente per gridare all’allarme.
*Luca Bistolfi è esperto di Europa orientale