Quello che segue è il testo dell’intervento di Francesco Brunello Zanitti, ricercatore presso l’IsAG, alla conferenza “La sfida dell’India. Nascita di una superpotenza?”, svoltasi a Trieste il 1° dicembre scorso presso la Scuola Superiore di Lingue Moderne per Interpreti e Traduttori dell’Università degli Studi di Trieste. L’evento è stato organizzato da Lorenzo Salimbeni e dall’associazione culturale “Strade d’Europa” in collaborazione con l’IsAG e il contributo dell’Università degli Studi di Trieste.
In questo mio intervento intendo presentare un particolare aspetto contemporaneo dell’India, ovvero il suo ruolo geopolitico in Asia, connesso alle relazioni del paese con la Cina e la Russia, nonché con alcuni attori regionali, come l’Iran e il Pakistan; verranno presi in considerazione anche l’approccio indiano nei confronti della questione afghana e alcuni elementi delle relazioni indo-statunitensi, visti gli interessi contemporanei di Washington in Asia Meridionale.
L’India sta indubbiamente attraversando una crescita economica considerevole, ma gli ultimi mesi hanno registrato un rallentamento degli ottimi risultati economici. Pechino si trova in una fase di crescita molto più consolidata rispetto a quella di Nuova Delhi; nonostante ciò anche l’India sta aumentando il proprio peso economico e geopolitico a livello globale. È dunque giusto porsi degli interrogativi sul sorgere della superpotenza indiana poiché esistono diverse questioni aperte, contraddizioni, ostacoli e paradossi che potrebbero influenzare in diversa maniera la crescita del paese asiatico. A questo proposito ritengo che le sfide che l’India dovrà affrontare saranno principalmente tre: il primo elemento riguarda, come ricordato nel libro di Mungo, la sfida posta dalla globalizzazione economica di stampo occidentale, se l’India riuscirà a mantenere la sua specifica cultura o sarà contraddistinta da quel livellamento culturale già evidente in altre aree del globo; il secondo aspetto concerne la geopolitica e le relazioni internazionali: saprà l’India mantenere una politica estera sostanzialmente autonoma? La terza problematica è rappresentata dagli ostacoli interni di tipo economico, sociale e politico. Se l’India riuscirà nei prossimi anni ad affrontare efficacemente queste sfide ritengo che potrà effettivamente diventare una superpotenza.
Grazie alla sua posizione geografica, l’India svolge un importante ruolo dal punto di vista geostrategico perché la massa terrestre del Subcontinente, estendendosi nell’Oceano Indiano, si trova a metà strada tra due importanti stretti dal punto di vista economico, geopolitico e militare, ovvero quello di Hormuz e quello di Malacca. Gli interessi geopolitici a livello marittimo di Nuova Delhi spaziano, infatti, dal Golfo di Aden, tra Yemen e Somalia, al Mar Cinese Meridionale. Allo stesso tempo, a livello terrestre l’India intende aumentare la propria influenza in Vicino Oriente, Asia Centrale, Estremo Oriente e sud-est asiatico.
Grazie a questa particolare posizione geografica e alle diverse componenti etniche e religiose che la contraddistinguono, l’India sta cercando di mantenere una politica sostanzialmente bilanciata tra diversi poteri.
L’importante ruolo geostrategico dell’India è naturalmente ben compreso da Washington, Mosca e Pechino, i maggiori attori che competono in Asia Centrale e nell’Asia-Pacifico.
Per quanto riguarda la Cina, le azioni degli ultimi vent’anni e l’ascesa dell’India a livello economico e militare sono sovente percepite come una minaccia, soprattutto per quanto riguarda l’attenzione indiana posta nei confronti del Mar Cinese Meridionale e i discorsi aperti su potenziali accordi militari tra India, Vietnam e Giappone. Allo stesso modo i possibili legami militari ed economici tra India, Australia, Stati Uniti, Giappone e Singapore sono osservati a Pechino come azioni di contenimento verso la Cina. In ogni caso, il contemporaneo emergere della Cina come potenza con interessi nei confronti dell’Oceano Indiano, trasformandosi in attore egemone della zona meridionale del continente e non solo dell’area Asia-Pacifico, è valutato negativamente anche da Nuova Delhi: a questo proposito gli accordi commerciali e militari di Pechino con Bangladesh, Sri Lanka, Nepal, Myanmar, Bhutan e soprattutto l’alleanza militare e nucleare con il Pakistan, sono descritti anch’essi come tentativi d’accerchiamento della Cina nei confronti dell’India.
In realtà, la rivalità indo-cinese è molto spesso enfatizzata, come sostenuto dallo stesso primo ministro indiano Manmohan Singh, dai media, sia indiani sia cinesi. Nonostante permangano importanti contrasti, ad esempio per quanto riguarda il lungo confine, i rapporti economici tra i due paesi sono molto solidi e la Cina è uno dei più importanti partner commerciali dell’India, seconda solamente agli Stati Uniti. Inoltre, Pechino ha mutato la propria percezione dell’India per l’aumentata presenza statunitense in Asia Centrale e Meridionale e la grande ascesa economica di Nuova Delhi che non viene certamente sottovalutata, ma potenzialmente utilizzata per i propri interessi in Asia. Esiste quella che è stata definita un’alleanza economica di tipo pragmatico. Allo stesso tempo è da registrare una cooperazione importante in alcune zone del sud-est asiatico, come i potenziali progetti congiunti per lo sfruttamento del gas naturale in Myanmar. Vi è, inoltre, la comune appartenenza al forum dei BRICS, con la medesima percezione, assieme a Brasile, Russia e Sudafrica, di alcune questioni di carattere globale: le rivolte arabe, la visione critica nei confronti dell’intervento NATO in Libia e verso l’ipotetica azione militare occidentale in Siria, l’approccio alla questione del nucleare iraniano. Nello stesso tempo però permane una forte competizione in Asia Meridionale e nel sud-est asiatico, in misura minore in Africa e Asia Centrale a causa della ritardata penetrazione indiana in queste aree rispetto alla Cina. E’ evidente che una reale pacificazione nei rapporti tra Cina e India, le cui civiltà ebbero per buona parte della loro storia buone relazioni, genererebbe conseguenze positive per la stabilità asiatica, ma anche per quella mondiale, vista la crescente importanza a livello globale dei due paesi.
Un elemento, nell’ottica cinese, ma anche russa, che porta a considerare negativamente l’India è il rapporto che il paese asiatico ha instaurato con Washington, un’alleanza di tipo militare e nucleare.
In ogni caso, in India esistono diverse scuole di pensiero che hanno un’opinione critica a riguardo di una stretta alleanza con gli Stati Uniti.
Queste considerazioni ci portano dunque a considerare alcuni limiti dei rapporti indo-statunitensi.
1) Un primo aspetto riguarda l’Iran. Nonostante l’India abbia solidi rapporti con Israele dalla fine della Guerra Fredda, soprattutto dal punto di vista militare, e con il mondo arabo sunnita in competizione con l’Iran nel Vicino Oriente, Nuova Delhi ha come obiettivo il mantenimento di un positivo rapporto con Tehran. L’India è comunque contraria alla prospettiva del nucleare iraniano, risolvibile in ogni caso solamente mediante via diplomatica, e ha interrotto alcune esportazioni di materiale che potrebbe essere utilizzato per il programma nucleare, seguendo le direttive della risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU 1929 del 2010. Il mantenimento di un proficuo rapporto con Tehran è dovuto a motivi di carattere geopolitico ed economico. A livello strategico un’alleanza indo-iraniana potrebbe essere una forma di contenimento verso il Pakistan. Inoltre, nell’ottica indiana, avere due Stati nemici ad ovest, il Pakistan e l’Iran, ma potenzialmente anche l’Afghanistan dopo il 2014, nel caso in cui Kabul ricada sotto l’influenza pakistana, appare una prospettiva controproducente per sviluppare gli interessi geostrategici futuri del paese in Asia Occidentale e Centrale. L’attenzione dell’India sull’area è fondamentale, non solo per la grande presenza di idrocarburi che soddisferebbe la crescente domanda energetica, ma anche per evitare che le repubbliche ex-sovietiche stringano un legame più forte con il Pakistan, considerata la comune religione islamica. Inoltre, la presenza della Cina nell’area è andata sempre più consolidandosi nel tempo. In ottica indiana, Tehran rappresenta un importante territorio di transito per raggiungere l’Afghanistan e l’Asia Centrale: esistono, infatti, gli ostacoli rappresentati dal Pakistan e dal territorio politicamente instabile del Kashmir, naturali e storici punti di passaggio indiano per commerciare con l’Asia Occidentale e Centrale. A livello economico l’Iran rimane, dopo l’Arabia Saudita, il secondo fornitore di petrolio dell’India e il suo territorio rappresenta una potenziale fonte di gas naturale per Nuova Delhi. Esistono a questo proposito diversi discorsi aperti per eventuali collegamenti via mare o via gasdotto.
2. I legami economici tra Nuova Delhi e Tehran ci portano a considerare un altro aspetto che limita i rapporti indo-statunitensi, facendo riferimento al legame molto stretto che esiste tra India e Russia. La scorsa settimana, a margine di un incontro tra i ministri degli esteri indiano e russo, Mosca e Nuova Delhi hanno sostenuto la volontà di ridar vita al progetto del Corridoio di trasporto Nord-Sud, accordo commerciale firmato nel 2001 tra Iran, India e Russia. Si tratta di un progetto per lo spostamento di merci indiane via mare, aggirando il Pakistan, dall’India fino all’Iran, da dove, attraverso il Mar Caspio, dovrebbero raggiungere i territori meridionali della Russia ed eventualmente l’Europa. Recentemente il governo indiano avrebbe manifestato l’interesse d’includere nel discorso anche la Cina e potenzialmente gli Stati ex-sovietici dell’Asia Centrale. Questo progetto per il commercio tra Asia Meridionale e Europa è in aperta competizione con l’architettura geostrategica a guida statunitense della “Nuova Via della Seta” che ha come obiettivo l’interdipendenza economica tra Europa, Caucaso, Asia Centrale e Meridionale in competizione con Cina e Russia. In questo caso le maggiori problematiche riguardano l’Iran e l’instabilità dell’Afpak, ma bisognerà anche attendere quale progetto l’India favorirà, visto che al momento sembra interessata ad entrambi.
La Russia rimane il principale fornitore di armi dell’India; i legami indo-russi sono molto solidi, eredi di quelli che il paese asiatico manteneva con l’Unione Sovietica. Inoltre, esiste la comune lotta contro l’estremismo di stampo musulmano che ha colpito nel passato sia la Russia sia l’India, se si pensa al Caucaso e al Kashmir. Questa politica vede unite non solo Russia e India, ma potenzialmente anche la Cina, vista la presenza dell’estremismo di matrice islamica nello Xinjiang. A questo proposito l’effettiva presenza dell’India all’interno dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shangai (OCS) potrebbe comportare non solo una maggiore collaborazione tra Pechino, Mosca e Nuova Delhi, ma anche modificare decisamente gli equilibri geopolitici.
3. Un terzo aspetto nel quale Stati Uniti e India non sono sovente concordi riguarda il Pakistan. L’India ha sempre criticato l’eccessivo legame tra Islamabad e Washington, nonostante negli ultimi mesi l’alleanza tra i due paesi sia sempre più in crisi. L’India ha inoltre una visione molto critica nel considerare il possibile dialogo con i talebani moderati e la rete Haqqani, nonostante nello stesso tempo gli Stati Uniti chiedano al Pakistan di porre termine all’appoggio verso i gruppi terroristi lungo la linea Durand. Il problema è collegato alla sindrome d’accerchiamento pakistana e alle preoccupazioni nei confronti dei disegni egemonici dell’India nella regione. Nuova Delhi giudica positivamente la presenza statunitense con basi militari in Afghanistan, eventualmente anche dopo il 2014, ma è critica verso il possibile dialogo con i talebani moderati, paventando un possibile ritorno dell’influenza pakistana sul paese.
Nonostante il fatto che Islamabad veda il recente accordo commerciale e militare tra India e Afghanistan come una sorta di pericoloso accerchiamento, negli ultimi mesi si è registrato un timido miglioramento nei rapporti tra i due vicini rispetto al 2008. Un editoriale del “The Hindu” di pochi giorni fa, parlando a proposito del dialogo indo-pakistano, indicava come modello di riferimento da seguire le recenti relazioni tra India e Cina, dove sono state messe in secondo piano le questioni territoriali per favorire in primo luogo un discorso legato alla cooperazione economica, possibile chiave per risolvere i problemi legati al confine. Ci sono importanti settori della società indiana che chiedono una soluzione dei contenziosi con Islamabad e una definitiva pacificazione. In ogni caso sembra che l’India intenda mantenere una politica autonoma da Washington nei confronti del Pakistan, seguendo i propri interessi. Islamabad avrebbe recentemente garantito, anche se la questione è poco chiara per le numerose pressioni interne contrarie, lo status di nazione più favorita all’India, clausola economica all’interno delle regole garantite dall’Organizzazione Mondiale del Commercio. Vi sono piccoli segnali di miglioramento, ma esistono in ogni caso numerosi problemi: Islamabad non ha provveduto alla richieste indiane di chiare indagini per gli attentati di Mumbai del 2008 e d’interrompere i collegamenti con l’artefice degli attacchi, la Lashktar-e-Taiba. Il Pakistan è diviso tra governo civile da una parte e settore militare e ISI dall’altra, i quali, assieme ai gruppi islamici radicali hanno una grande influenza e osservano un avvicinamento all’India come una sorta di anatema. Ecco perché allo stato attuale non esiste un possibile rasserenamento tra i due paesi perché il Pakistan percepisce negativamente l’influenza indiana in Asia Centrale e Afghanistan. Inoltre, un accordo definitivo con l’India e l’attacco ai gruppi islamici radicali metterebbe in discussione la religione, elemento che ha dato origine e legittimità alla nazione, nonché collante di un paese diviso da contrasti etno-linguistici.
Per questo motivo la vicinanza statunitense verso Islamabad, nonostante le incomprensioni degli ultimi mesi e l’avversione dell’opinione pubblica pakistana nei confronti degli Stati Uniti sempre più forte, è letta negativamente dall’India.
Nuova Delhi è, inoltre, contraria a collegare il delicato discorso riguardante il Kashmir all’Afghanistan, connesso all’ideale della “Grande Asia Centrale” a guida statunitense, per l’importanza nazionalistica del tema, l’assoluta contrarietà alle ingerenze esterne e l’intenzione di risolvere la questione a livello bilaterale con il Pakistan. Per quanto riguarda infine un possibile scontro militare tra i due paesi, è attualmente improbabile grazie alla deterrenza nucleare. E’ evidente la superiorità militare convenzionale indiana, ma questa è paradossalmente limitata dalla presenza in entrambi i campi di ordigni nucleari. In un certo senso la deterrenza nucleare è uno svantaggio per l’India. Tutto sommato è probabile che, nel caso di un ulteriore peggioramento dei rapporti, le “azioni militari” vengano compiute dai gruppi terroristici radicali.
Negli ultimi mesi sembra dunque prevalere la volontà di mantenere una sorta di politica bilanciata tra diversi poteri. Questo si collega all’ideale della costituzione geopolitica di un mondo multipolare piuttosto che unipolare, nel quale le problematiche dell’Asia Centrale e Meridionale e del sud-est asiatico vengano risolte a livello regionale, mediante un’essenziale cooperazione tra il quadrilatero Nuova Delhi, Pechino, Mosca e Washington.
L’India potrebbe garantire la stabilità regionale e il dialogo tra poli contrapposti perché questo appare l’obiettivo primario per favorire essenzialmente la propria sicurezza interna. Infatti, non c’è solo la questione kashmira che potrebbe comportare una pericolosa instabilità dello Stato, ma anche l’estremismo religioso, soprattutto di matrice indù e islamica; l’indipendentismo di alcuni territori del nord-est a ridosso del confine con la Cina; le rivolte naxalite di stampo maoista nel centro e nord-est del paese; così come l’autonomismo di diversi territori regionali, i quali, pur rimanendo all’interno dell’Unione Indiana e essendo portatori di legittime richieste, potrebbero ostacolare la crescita interna dello Stato, nonché una sua frammentazione; a questo proposito il caso più importante degli ultimi mesi è quello del Telangana, regione settentrionale dell’Andhra Pradesh che ho visitato personalmente più di un anno fa; l’eventuale nascita di un nuovo Stato, all’interno comunque dell’Unione, potrebbe comportare la medesima richiesta d’autonomia per questioni economiche, etniche e problematiche d’approvigionamento di risorse, principalmente idriche, in diverse zone dello Stato.
Insomma, il ruolo geostrategico contemporaneo dell’India non sembra strettamente connesso né all’universo guidato dagli Stati Uniti, nonostante l’India sia una democrazia che la rende simile ai paesi occidentali, né al sistema di alleanze creato da Russia e Cina, malgrado sia aperto con Mosca e Pechino un importante dialogo per la stabilità in Asia Centrale. L’obiettivo dell’India è dunque quello di essere un polo indipendente capace di garantire la stabilità del continente asiatico mantenendo una posizione il più possibile equilibrata tra i diversi attori regionali e globali. Questa è un’aspirazione che si collega alla particolare posizione geografica del paese, il quale è punto d’incontro tra diverse influenze, culture e religioni; l’India sembra cercare una politica estera autonoma anche per l’aumento negli ultimi anni del nazionalismo indiano che richiede un ruolo di potenza per lo Stato asiatico; questa politica è anche erede del ruolo assunto durante la Guerra Fredda come capofila del Movimento dei Paesi Non Allineati, né aderente al polo guidato dagli Stati Uniti, né strettamente connessa all’Unione Sovietica, nonostante esistesse un rapporto privilegiato con Mosca.
In una fase storica in cui l’area dal Vicino Oriente all’Asia Meridionale è attraversata da una forte competizione tra diversi attori regionali e globali bisognerà comprendere se questa possibile strategia sarà vantaggiosa per l’India al fine di mantenere una sostanziale autonomia non solo a livello geopolitico, ma anche economicamente, rispondendo efficacemente al processo di globalizzazione ispirato dall’Occidente.
Il ruolo dell’India potrebbe cambiare se si verificherà l’adesione, assieme al Pakistan, all’OCS, opzione caldeggiata negli ultimi mesi da Russia e Cina, anche se per il momento sembra un’opzione prematura per Nuova Delhi. In questa fase non è ancora chiara l’adesione completa o meno, dato l’aumentare negli ultimi anni dei legami economici e militari con Washington, ma eventualmente sarebbe un importante fattore geopolitico nell’area e gli scenari futuri saranno certamente molto interessanti anche per un’eventuale normalizzazione dei rapporti indo-pakistani.
In ogni caso ritengo che unitamente a questa autonomia in politica estera, collegandomi al tema principale trattato nel libro di Vincenzo Mungo, l’India ha la possibilità di vincere la sua sfida contemporanea nei confronti della globalizzazione di stampo occidentale grazie alla sua antica cultura. E’ una sfida difficile, ma l’India ha tutte le potenzialità per poter crescere e presentare a livello mondiale un modello concorrenziale e alternativo.
In conclusione, vorrei segnalare che è in uscita l’ultimo numero dell’anno di “Eurasia” dedicato ai paesi del BRICS, nel quale personalmente considero alcuni aspetti dell’aumentata influenza geopolitica indiana che potrebbe essere ostacolata dai paradossi nei rapporti diplomatici con Stati Uniti e Cina, nonché dall’instabilità in diverse aree del paese.
*Francesco Brunello Zanitti,Dottore in Storia della società e della cultura contemporanea (Università di Trieste). Ricercatore dell’ISaG per l’area Asia Meridionale, è autore del libro Progetti di egemonia (Edizioni all’Insegna del Veltro, Parma 2011). In “Eurasia” ha pubblicato Neoconservatorismo americano e neorevisionismo israeliano: un confronto (nr. 3/2010, pp. 109-121).