Sulla scena geopolitica mondiale sta prendendo corpo un nuovo soggetto, il BRICS, acrostico che indica Brasile, Russia, India, Cina e, da qualche mese, Sudafrica, vale a dire quelle potenze che in questo periodo di crisi economica del mondo occidentale possono invece vantare un trend positivo. Si tratta perciò di capire le basi e le cause di questo fenomeno e in particolare l’India è un Paese di cui neanche troppo se ne parla e poco effettivamente se ne sa. L’associazione Strade d’Europa, grazie al contributo dell’Università degli Studi di Trieste, in collaborazione con l’Istituto di Alti studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie e nell’ambito del ciclo 2011/2012 dei seminari di Eurasia, ha inteso approfondire l’argomento giovedì 1 dicembre organizzando il convegno La sfida dell’India. Nascita di una superpotenza?
L’evento riprendeva il titolo del volume scritto da Vincenzo Mungo, capo servizio Redazione esteri di Radio Rai, e pubblicato dalle Edizioni all’Insegna del Veltro ed è stato proprio l’intervento dell’autore ad aprire l’incontro. Innanzitutto è stato analizzato il percorso compiuto dall’India per conquistare la propria indipendenza, tenendo in considerazione non solo l’impegno profuso da Gandhi, ma analizzando pure il ruolo del Partito del Congresso, originariamente conformatosi alla dialettica politica britannica al fine di ottenere margini di autonomia, mentre furono Tilak e Bose i paladini della lotta per l’indipendenza senza compromessi. Aperture autonomiste, nonostante l’opposizione di Winston Churchill, furono elargite durante la Seconda Guerra Mondiale, mentre nel corso della Grande Guerra la partecipazione di truppe indiane nei contingenti britannici non aveva portato alle concessioni che erano state promesse. Parallelamente, però, l’amministrazione inglese aveva esercitato il divide et impera per contrapporre la comunità indù a quella islamica, sicchè nel 1947 l’indipendenza venne ottenuta, ma il Pakistan, a maggioranza musulmana, si staccò dal resto del Paese (Partition) ed allontanò dal suo interno la componente indù. Nuova Delhi divenne pertanto la capitale dell’Unione Socialista Indiana, uno Stato federale che, pur nell’ambito di un sistema democratico, rimase fedele al sistema delle caste. Lo Stato imprenditore si fece carico di assorbire nella grande industria e nei servizi pubblici l’enorme massa di manodopera a disposizione e s’impegnò per debellare le zone di miseria e arretratezza specialmente in ambito agricolo, giungendo a garantire una qualità della vita in perenne aumento, costituendo la rete delle relazioni sociali e dei vincoli di casta un ulteriore prezioso ammortizzatore sociale. Il livello delle università e la diffusione di parchi industriali da cui ci si rivolge anche al mercato estero sono altri indicatori dei passi avanti che l’enorme nazione ha compiuto, ma causa l’eccessiva popolazione (siamo ormai attorno al miliardo e cento milioni di indiani) il PIL pro capite continua a rimanere basso.
L’attualità geopolitica è stata invece al centro della relazione del professor Arduino Paniccia, docente di Studi Strategici presso l’ateneo triestino, il quale ha già considerato l’India una superpotenza, che però si trova a dover fronteggiare diverse problematiche, poiché ha scelto di essere una democrazia di tipo occidentale, pur avendo un DNA ben diverso da quello europeo. Nonostante i conflitti scoppiati per la determinazione dei confini con Cina e Pakistan, l’India ha sempre cercato un approccio pacifico alla politica internazionale e d’altro canto ha scelto di dotarsi di un arsenale nucleare in ossequio al principio della deterrenza. Nei legami internazionali Nuova Delhi ha deciso di non aderire né all’ASEAN né all’ASEC ed ha altresì optato per la SCO, riproponendo in quest’ambito il legame con Mosca che risale dai tempi della Guerra Fredda, nonostante l’India avesse costituito il punto di riferimento più importante per il blocco dei Paesi Non Allineati. I rapporti con la Russia si confermano pertanto buoni, quelli con la Cina vanno migliorando, quelli con il Pakistan sono altalenanti, ma per il futuro indiano sarà importante non solo l’atteggiamento che si instaurerà nei confronti degli Stati Uniti, ma anche dell’Unione Europea, con la quale i traffici stanno raggiungendo il livello di quelli che l’Europa già intrattiene con la Cina.
Francesco Brunello Zanitti, ricercatore dell’IsAG, ha approfonditi tali aspetti di natura geopolitica, evidenziando i tentativi indiani di mantenere una linea politica autonoma da quella occidentale, in virtù della propria posizione strategica a metà strada fra gli stretti di Hormuz e di Malacca, gli snodi principali del commercio petrolifero. Perciò Nuova Delhi ha buone relazioni economiche con Israele, ma per il proprio fabbisogno energetico si rivolge senza problemi sia all’Arabia Saudita sia all’Iran (che è un interlocutore privilegiato anche per il contenimento del Pakistan), laddove con la Cina il rapporto oscilla tra competizione e cooperazione, poiché il sostegno di Pechino al Pakistan è in grado di deteriorare la partnership tra i due giganteschi Paesi. Per lo stesso motivo le relazioni con Washington stentano a decollare definitivamente, anche se i rapporti commerciali sono già bene avviati ed i governi indiani non hanno espresso contrarietà alla possibilità che contingenti statunitensi rimangano in Afghanistan anche dopo il 2014. Anche se il problema dell’estremismo islamico è in grado di creare una sinergia con Russia, Cina e Stati Uniti, l’India auspica di risolvere bilateralmente e senza il coinvolgimento di esterni il problema del Kashmir che è alla base delle sue tensioni con Islamabad.
In definitiva tutti i relatori si sono trovati concordi nel dare una risposta affermativa al quesito che caratterizzava il titolo del seminario: l’India è già una superpotenza e continuerà ad esserlo se, nell’ambito del processo di globalizzazione, saprà restare fedele alla propria storia ed alle proprie tradizioni, conservando anche quelle prerogative nel settore economico che vengono ancora esercitate dallo Stato, mentre l’adesione incondizionata ad un modello di economia di mercato rischierebbe di alterare i precari equilibri sociali indiani.